Gli effetti anti-neoplastici di alcuni chemioterapici particolarmente attivi nella pratica clinica, quali antracicline e oxaliplatino, possono dipendere, almeno in parte, dalle risposte immuni antineoplastiche. Uno studio pubblicato su Nature Medicine (Sistigu A et al. Nat Med, 2014; 20: 1301-9) dimostra che la produzione di interferon (IFN) tipo I è parte integrante di questi meccanismi e può predire le risposte cliniche alle chemioterapie basate su antracicline.

Gli autori dimostrano che le antracicline stimolano la produzione rapida dell’IFN tipo I da parte delle cellule maligne tramite l’attivazione del Toll-like receptor 3 (TLR3). Legandosi ai recettori per IFN-a e IFN-b (IFNAR) sulle cellule tumorali, l’IFN tipo I innesca circuiti autocrini e paracrini che risultano nella liberazione di chemokine ligand 10 (CXCL10). La rilevanza di questi processi nell’attività anti-neoplastica dei chemioterapici è dimostrata dal fatto che tumori che mancano di TLR3 o IFNAR non rispondono alla terapia con antracicline. Inoltre, la risposta basata su IFN tipo I era in grado di predire le risposte cliniche alle antracicline in popolazioni di pazienti con carcinoma della mammella a cattiva prognosi.

«I nostri dati dimostrano che le antracicline mimano le infezioni virali nella produzione di IFN tipo I come ponte alle risposte immuni innate e adattative», scrivono gli autori della ricerca, «in quanto stimolano un pathway autocrino e paracrino basato su IFR -> IFNAR -> CXCL10 che è alla base di una risposta ottimale alla chemioterapia». Il ruolo rilevante giocato dalle antracicline nell’ambito della chemioterapia antineoplastica conferisce importanti implicazioni cliniche a questi risultati. «Difetti molecolari in ognuna delle molecole coinvolte nelle vie di conduzione del segnale dipendenti dall’IFN tipo I e indotte dal TLR3 potrebbe infatti comprometterne l’efficacia terapeutica. I pazienti portatori di tali tumori potrebbero beneficiare della somministrazione mirata di IFN tipo I o di CXCL10».

Fonte: Nature Medicine